Da Forca D'Acero per monte Panico a monte San Nicola

Un tratto di cresta facile ma aerea e panoramica. E che segna anche il confine del parco.


Qualche volta manca la voglia di andare incontro alla fatica, e direi che c’è poco di male in questo, può succedere che negli stessi momenti insista però anche tanta voglia di montagna e tanta voglia di riempirsi gli occhi di quei panorami che conosciamo benissimo e da cui dipendiamo. La testa entra in conflitto con la coscienza, la sensazione di colpa che si insinua lentamente inizia a bussargli, “toc toc, ma che fai ti rammollisci?” ed una sottile lotta psicologica inizia a scuotere le nostre debolezze. Divano contro fiatone, cinema in casa contro panorami entusiasmanti dal vivo; la lotta si fa intensa, un po’ come quella atavica tra bene e male. Sono questi i frangenti in cui ci si deve forzare , si deve inventare, in cui diventa importante la conoscenza del territorio, per poter scegliere il percorso giusto, il compromesso migliore tra lavoro e remunerazione in soddisfazione. E’ più o meno quello che ci è successo in questo weekend, la voglia di tornare alle alte quote si affievoliva via via che la settimana si stava concludendo tanto che il venerdì bussava prepotente il desiderio di una bella dormita. Quando capiremo che al lavoro e agli impegni di varia natura occorre dare la giusta importanza e che occorre anche tenerli dentro i giusti confini sarà troppo tardi; breve è questo passaggio e sempre poche sono le occasioni per vivere la nostra passione che comprometterle con una giustificata o ingiustificata pigrizia è davvero cosa poco buona. Esistono i compromessi però, come dicevo, e un po’ cavando da vecchie esperienze, un po’ frugando nel cappello dei desideri ho pensato una escursione che poteva avere tutti i risvolti possibili: breve ma intensa e appagante e, se desiderosi di proseguire, anche lunga, faticosa, esplorativa ad ampio respiro, da 10 con lode insomma; per farla breve una escursione che poteva chiudersi in qualsiasi momento e non riservare sensazioni di fallimenti. Un errore tattico, quello di non esserci portati riserve alimentari per l’intera giornata ha compromesso il risultato finale, ma non ha intaccato la riuscita e la fantastica area sensazione che si è comunque vissuta. Andiamo per gradi: l’idea era di raggiungere la cima di Serra Matarazzo , magari con la possibilità di spingersi fino al monte Irto, al cospetto del Petroso; start da Forca d’Acero, su per la cresta di monte Panico e monte San Nicola, rientrando in tempo per una “rosticciata” all’osteria del valico.. La voglia di ritrovarsi con le “zampe sotto al tavolo” è stata fatale, non ci siamo portati scorte ed il giro programmato si è rivelato troppo ambizioso; probabilmente è la paga a tanta pigrizia iniziale, e va bene così, servirà per esperienze future. Lenti sul tabellino di marcia arriviamo a Forca D’Acero alle 8,30, sprangato il rifugio-osteria, è troppo presto per loro e più tardi sapremo anche troppo tardi per noi e per le nostre ambizioni. Un quarto d’ora per organizzarsi e su “diritto per diritto” sulla crestina sopra il valico. Neve alta e ghiacciata, praticamente un muro di un metro e più sulla strada, abbiamo dovuto trovare un pertugio attaccabile per superarlo. Aria ferma, fresca non fredda, il bosco immobile solcato solo da ombre lunghe dettate dal sole ancora radente e dai diritti fusti degli splendidi faggi di questo bosco, la neve ghiacciata solida perfetta per camminare anche senza ramponi o ciaspole (i primi d’altra parte erano rimasti a casa mentre le seconde erano appese e appesantivano i nostri zaini); sembrava fossero già svanite tutte le pigrizie. Una breve salita ed il terreno spiana subito, qualche leggero saliscendi, il silenzio è assoluto interrotto solo dal cinguettio di mattinieri ed invisibili pennuti; nessun segnavia, nessun segnale, solo una ampia striscia vuota di alberi che serpeggia nel bosco. Piccola per essere una carrareccia, troppo grande ed ordinata per essere casuale. La seguiamo ammaliati dal bosco stupendo e dal silenzio fino a quando tra le spoglie chiome si intravede la sagoma del monte Panico. Per un po’ andiamo a vista poi intercettiamo casualmente i primi segni bianco rossi, li seguiamo fino ad uscire dal bosco; una radura luminosa ed immacolata fino alla conca che sale in cresta interrotta solo da qualche sparuto faggio. Il pendio sale, e poi si inerpica, non abbiamo problemi senza ramponi, un po’ di cautela ci basta per sbucare sopra. Mentre saliamo ci accorgiamo che dietro, giù in fondo alla valle, sopra il bosco, lontano ed accanto al Marsicano svetta il Corno Grande; una sorpresa a questa quota, siamo intorno ai 1700 mt. incastrati nelle boscose rotondità del parco, vederlo da lì, non ce lo aspettavamo. In cresta, proprio sotto la vetta del monte Panico è piantata una colonna mozzata, da lontano mi illudo che sia un cippo di confine, non sono esperto come il nostro amico G. Albrizio e quindi prendo un immenso granchio, da vicino è un agglomerato di breccia e sabbia con qualche innesto di ferro ormai scoperto ed arrugginito a rinforzarlo (un primordiale tentativo di cemento armato per volerci fare una battuta sopra); un cippo posticcio e moderno (per questo si sta sgretolando forse?), chissà che sta a significare e da chi è stato posto? Ormai i panorami si aprono su tutti i versanti, mi aspettavo una bella ed ariosa cresta ma non così entusiasmante. Per 360° potevamo godere di un panorama stupendo, la piana di Pescasseroli , in fondo come detto il Gran Sasso, la lunga cresta del Sirente, vicine le moli enormi del Marsicano e del Greco e girando verso Sud le rugose presenze dei Tre Mortari, del Balzo della Chiesa, del Capraro, del Petroso e tutta la cresta fino al Meta, ancora nascosto dalla vicina Serra Matarazzo, sotto, verso Ovest, la Val Comino coperta da nuvole ed il paese di San Donato. Verso Nord Ovest ancora abbondantemente bianchi si intravedono, confusi nella caligine, gli Ernici ed il Viglio. Insomma chi se la aspettava una cresta così panoramica, a quote così modeste? E poi lunga, innevata, sinuosa con costanti presenze ancora di piccoli cornicioni. Scendiamo dal monte Panico, i resti di un recinto e di una scaletta a compasso per superarlo, ormai perfettamente inutile anche se ben conservata, testimoniano momenti migliori per l’allevamento nostrano. D’altra parte ormai gli animali al pascolo quasi non ci sono, a che servono i recinti? Sul fianco della sella, quello che scende verso Ovest, verso la Val Comino, svariate file di palizzate a protezione della strada sottostante stanno a ricordare il rischio valanghe di questo versante. Risaliamo la cresta che d’ora in poi sarà un continuo saliscendi intorno ai 1800mt. Che diventa ancora più panoramica qual’ora fosse possibile. Scendendo verso Sud si attraversano ora ampi tratti di cresta, a tratti scoperti da neve, ora affilati profili con tanto di cornici sporgenti verso Ovest. Non servono le ciaspole (io quasi le odio per cui ne faccio volentieri a meno), ma Marina che le adora decide di usarle, e si troverà bene in alcuni brevi tratti; andiamo lenti però, sorpresi da tanta bellezza mi impegno con la macchina fotografica, come al solito verranno foto molto simili tra loro, ma conto sull’opzione “delete” del giorno successivo per fare la selezione, continuo a scattare e penso solo a divertirmi. Una sosta per uno snack in uno dei pochi tratti scoperti ed asciutti e riprendiamo lenti il su e giù di questa sorprendente cresta. E’ Marina che si accorge che il tempo è passato troppo velocemente, è certo colpa nostra che siamo stati eccessivamente lenti (il tutto è frutto , ne sono certo, di quella iniziale pigrizia); di fatto non siamo nemmeno a metà della cresta e sono già le 11 della mattinata. La Cima dei Serra Matarazzo sembra ancora così lontana (è sempre l’indolenza che detta le misure ed i tempi), figuriamoci là in fondo il monte Irto che avevo ipotizzato come possibile meta finale. Realizziamo che chiudere il giro ci priverebbe del pranzo in osteria, realizziamo anche che a parte un pacchetto di biscotti e due arance non abbiamo altro dentro gli zaini. Oh, pigri ed indolenti anche nella preparazione, fino alla fine, roba da non credere! Insomma stima veloce dei tempi, ad essere ottimisti, ad accelerare ma sempre basandoci sul lento andazzo giornaliero, ancora più di due ore, probabilmente anche tre per arrivare al 2000 della giornata e tornare indietro, e cosa fondamentale a digiuno. Il sapore di una penitenza più o meno. Di una colpa da espiare. Ci guardiamo negli occhi ed è facile intuire che nessuno dei due ha voglia di fare penitenza, anche perché non troviamo, a parte l’indolenza dimostrata, colpe così gravi. Non deviamo così sulla cresta che si stacca verso la Cima di Serra Matarazzo ma continuiamo su quella principale che si allunga fino al monte San Nicola prima di precipitare sulla Val Fondillo. Sempre più bello ciò che ora è vicinissimo. Oltre la Val Fondillo salgono corrugati e pietrosi i Tre Mortari, il Balzo della Chiesa ed il Capraro; sembra di toccarli, più il là il Petroso, forse perché vietatissimo sempre catalizzatore di tutte le attenzioni. Si scopre anche il Meta. Certo che su queste montagne c’è da camminare per giorni, ci sono concatenamenti infiniti, fino a Rocca Altiera, fino al Meta e ancora più giù. Per non parlare di tutto il gruppo di Serra Matarazzo che si stacca verso Ovest, davvero complesso, pieno di elevazioni secondarie. La presenza ancora di tanta neve, in questa giornata così bella rende tutto più affascinante, ma un progetto da rimandare a Primavera inoltrata per un grande vagabondaggio ai limiti del Parco va fatto. Di certo si sovrapporrà con uno dei tanti in cantiere, di certo sarà irrealizzabile ma almeno solo allungare la lista del “carrello” con questo progetto è dovuto. Dal San Nicola, che domina la profonda Val Fondillo, verso nord, verso la cresta appena percorsa è un bel vedere; tratti di pareti bianche ripidissime dominate da cornici, selle alternate a cime, conche più abbordabili e docili ma sempre pendenti che farebbero la gioia degli sciatori sprofondano verso le valli boscose sottostanti; è un profilo continuo di selle e cime, di anfiteatri, in estate probabilmente ghiaiosi, di cornici, fino al monte Panico, da quì basso, lontano e sul versante Est scoperto e roccioso. Rimaniamo un po’ su questa vetta, un 1900 lungo la cresta, quasi anonimo se non fosse che è l’ultimo trampolino verso la Val Fondillo, ma estremamente panoramico. Peccato per Cima di Serra Matarazzo , per oggi può attendere, intorno era tutto così immensamente bello. Riprendiamo ancora lentamente a ritroso, la neve sotto il sole è ora meno compatta, Marina con le ciaspole ha vita facile mentre io esalto la mia antipatia nei loro confronti e continuo a sprofondare in alcuni tratti. Su e giù ancora per svariate volte, i dislivelli sembrano meno accentuati, una passeggiata insomma e come per tutto il resto della giornata davvero molto rilassante. A ritroso per tutta la cresta, la allunghiamo oltre monte Panico per diminuire il pendio, dentro la valle dove siamo saliti scendere avrebbe significato ruzzolare, entriamo nel bosco e per linee intuitive ritroviamo la radura dell’andata. Seguiamo segnali bianco rossi, mi accorgo che non è il percorso dell’andata, è un po’ più basso ma ci interessa sapere dove sbuca e lo seguiamo. Ora il sole è alto, il bosco è caldo e silenzioso, le ombre lunghe e belle della mattina sono sparite. Il sentiero si infila dentro un piccolo fosso che nel giro di venti minuti, forse meno, raggiunge la strada asfaltata. Siamo a valle rispetto a Forca D’Acero, non rimane che sapere quanto lontano dal passo, dove siamo sbucati c’è un cartello che indica l’inizio del percorso per Grotta Inguanera; percorrendo il tratto in auto non ci si accorge ma è esattamente accanto ad un piccolo ponticello che permette al fosso-percorso di confluire nella valle principale. Percorreremo solo tre/quattrocento metri di nastro d’asfalto prima di svalicare. La conclusione della giornata, la mangiata per dirla come va detta, è l’unico appuntamento rispettato veramente, ma vi assicuro ne è valsa la pena ed almeno in questo frangente l’indolenza ha avuto la peggio; le “ganasce” si sono mosse, eccome se si sono mosse!!! Non so se senza neve la cresta che va dal monte Panico fino al San Nicola valga quello che ha saputo darci oggi, sarebbe da provare in altra stagione per fare il confronto; oggi è stata davvero una sorpresa, gratificante e piacevole, per l’aerea ma sicura esposizione, per il poco dislivello, circa 600 mt o poco più e per il panorama che ti permette di godere. In questo periodo la consiglierei a chi vuole iniziare l’approccio invernale con la montagna, ai papà che desiderano far innamorare alla montagna i propri figli, a chi indolente come noi oggi, vuole assicurarsi una chiusura degna di forchetta.